Amleto FX

Un uomo, un principe, che per comodità chiameremo Amleto, si è rinchiuso nella propria stanza e ha deciso di non uscirne più. Vuole farsi da parte e per farlo medita un gesto estremo, un gesto che lo liberi per sempre da tutto il marcio della Danimarca. Amleto Fx è un’indagine sulla moda del deprimersi dei nostri tempi. Uno spettacolo esilarante e sofferto che parla di castrazioni tecnologiche, della mancanza dei padri, dell’attrazione verso la dissoluzione e dell’eco assillante che tutto questo causa nelle nostre coscienze. Questo non è l’Amleto. E’ un assolo generazionale. Un racconto intimo e globale che attraverso il riso amaro vuole spingere a trovare una soluzione al solito, annoso, banale, scontato ma comunque sempre irrisolto quesito: Essere o non Essere?.

 

[icons size=’fa-lg’ custom_size=” icon=’fa-pagelines’ type=’normal’ position=” border=’yes’ border_color=” icon_color=’#000000′ background_color=” margin=” icon_animation=” icon_animation_delay=” link=” target=’_self’] Vincitore Premio In-Box 2015 e Direction Under30 – Teatro Sociale Gualtieri

CREDITS

uno spettacolo di e con Gabriele Paolocà;
collaborazione alla regia Michele Altamura, Gemma Carbone;
scene Gemma Carbone;
disegno luci Martin Emanuel Palm
produzione Gli Scarti

MEDIA

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PRESS

Che buffo, giusto un secolo fa, Ettore Petrolini metteva in parodia, da par suo, nientemeno che Amleto: “Io sono il pallido prence danese/Che parla solo, che veste a nero/Che si diverte nelle contese/che per diporto va al cimitero/Se giuoco a carte fo il solitario” eccetera eccetera. E, per strana, inattesa coincidenza, in un teatrino romano, un giovane attore di Roma, Gabriele Paolocà, attraversa il classico shakespeariano, riversando con esplosiva ironia, in un monologo aspro e divertente, commovente e disarmante, tutte le contraddizioni di questi anni bui. Non è un caso, allora, che lo spettacolo di Paolocà, dal titolo AmletoFX, (qualcosa come “Effetti Amleto”) mi abbia fatto pensare al grande genio di Petrolini (…) L’ottimo autore-regista-interprete solista Paolocà sceglie di mettere in scena, argutamente, un precipitato del nostro tempo, allestisce una dissacrante concrezione, elaborata da un possibile coetaneo del Principe di Danimarca, alle prese – come lui – con i sogni, i miti, le aspirazioni, gli amici, gli amori. Un giovane come tanti, frullato di cultura e citazioni, di aspirazioni e delusioni, ma soprattutto annichilito dall’eterno “fantasma del padre”. Il nodo, infatti, è proprio quello che si stringe attorno alla gola di Gabriele-Amleto come di una generazione intera, oppressa da padri (metaforici e reali) assenti eppure prepotenti in questa assenza, comunque desiderati, rimpianti, compianti da figli che chiamano “papà” con un grido di malcelato dolore.(…)AmletoFX abbraccia nostalgia e devastazione, la mostra e la smaschera in scena(…) Gabriele Paolocà colloca il personaggio shakespeariano nel novero dei “devastati” miti d’oggi.(…) Lo spettacolo respira di un sincretismo, superficiale e profondissimo, tutt’altro che postmoderno. Qui si avverte la fatica di Sisifo di chi deve combattere per imbastirsi uno straccio d’identità, per sopravvivere sognando in una città sfranta e incarognita, in un Paese involgarito, in un mondo disilluso. (…)

Andrea Porcheddu – Gli Stati Generali

(…) Quelli che subisce il nuovo Amleto – emblema di un adolescente tormentato e un po’ demodé, afflitto dalla malinconia e dall’esibizionismo ambiguo à la Kurt Cobain – sono gli “effetti” della castrazione tecnologica. In tempi in cui fin troppi artisti riempiono immagini e parole con riferimenti diretti alla gabbia dei social network, con metafore della “morte per virtualità”, con forsennate apocalissi sociali ancora troppo aderenti al tema per affermarsi in quanto critiche efficaci, il solitario lavoro di Paolocà sorprende per sincerità e risultato. (…) si avverte qui una violenta carica d’urgenza: dietro al dispendio di un indubbio agio sulla scena sta la spinta di chi davvero vuole parlare allo spettatore (…)

Sergio Lo Gatto – Teatro e Critica

E ci ritornano in mente le parole di Jan Kott, quasi come una sentenza imperitura, quando dice che “L’Amleto è come una spugna. Basta non stilizzarlo e non rappresentarlo come un pezzo da museo perché assorba immediatamente tutta la nostra contemporaneità”; e i ragazzi di VicoQuartoMazzini portano questo assunto alle estreme conseguenze, concependo un Amleto postmoderno, tutt’altro che museale e forse anche tutt’altro che Amleto, ma non per questo meno Amleto. (…) È un Amleto del nostro tempo, quest’Amleto che non è Amleto, che ha surrogato il teschio di Yorick con la mela morsicata della Apple che fa bella mostra di sé sul retro dello schermo che porta in palmo di mano. Ed è un Amleto che medita un suicidio confinato in proscenio sotto forma di cappio.Ed è soprattutto un Amleto, quest’Amleto di VicoQuartoMazzini che mostra una freschezza inventiva, una minuzia di scrittura capace di intercalare citazioni shakespeariane in un tessuto verbale e gestuale contemporaneo innervando una drammaturgia ironica e graffiante, nella quale Gabriele Paolocà si cala ottimamente, dimostrandosi abile nell’esplorare i registri espressivi della propria voce.

Michele Di Donato – Il Pickwick
CONTATTI

Michele Altamura

+39 327 4415151

vicoquartomazzini@gmail.com

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