Tre

2019, ScenaMadre

Madre. Padre. Figlio.

Madre e Padre telecomandano ogni passo del Figlio.
Il Figlio preferirebbe camminare da solo, ma gli fa comodo, a volte, trovare tutto già pronto. Infatti è tutto pronto. Anche la separazione tra Madre e Padre. Forse.
Il tempo della storia, il nostro tempo, non ha tempo da perdere.
Il soufflé va servito subito se no smonta.
Click, siamo una famiglia. Click, non lo siamo più.
È colpa di papà. Anzi, no, di mamma. Anzi, no, di tutti e due.
Anzi, no.
Di tutti e tre.

Sulla scena tre persone.
Un adolescente, il Figlio, combattuto tra l’insofferenza verso l’iper-protezione dei suoi genitori e la comodità di avere tutte le attenzioni solo per sé.
Insieme a lui due giovani adulti.
Sono i suoi genitori, che a loro volta sono stati e sono anche figli.
Sono due ex adolescenti cresciuti, forse non ancora del tutto adulti.

Insieme a loro, come attrici sulla scena, tante sedie di diverso tipo.
Sedie da cucina e poltrone da studio medico, sedie di scuola e sedie pieghevoli da bar. Sedie pronte a creare in un attimo tanti contesti e ambienti diversi,
sedie capaci di diventare labirinto, gabbia e bersaglio mobile.

Lo spettacolo prende vita a partire dalla relazione tra genitori e Figlio, tra Madre e Padre. Sospesi tra realtà e immaginario, i tre cercano un equilibrio – sempre precario e mai definitivo – nel loro essere famiglia, cercando di conciliare ciò che vorrebbero essere agli occhi della società con ciò che effettivamente sono, di scoprirsi e conoscersi non solo come familiari ma come esseri umani.

Sono tre esistenze distinte che cercano però di muoversi nella stessa direzione,
testardamente e comicamente impegnate a timonare una piccola nave in mare aperto.
Li guardiamo da fuori e ci riconosciamo nei loro litigi stupidi, nelle loro piccole ripicche. Ascoltiamo i loro ricordi, proviamo tenerezza per le loro difficoltà, ridiamo della loro goffaggine. Ma è un riso pieno di comprensione. Perché sappiamo che siamo noi, quelli là in scena. Noi figli, genitori, fratelli; noi, la nostra famiglia.

CREDITS

regia e drammaturgia Marta Abate e Michelangelo Frola
con Simone Benelli, Francesco Fontana, Chiara Leugio
produzione ScenaMadre/Gli Scarti

MEDIA

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PROSSIME DATE

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CIRCUITAZIONE

28 FEBBRAIO 2018 TEATRO ROSSI – PISA
3 GIUGNO 2018 TEATRO ROSSI – MILANO
12 LUGLIO 2018 FABBRICA EUROPA – FIRENZE
21 LUGLIO 2018 TEATRO ROSSI – PISA
3 GIUGNO 2018 TEATRO ROSSI – MILANO
12 LUGLIO 2018 FABBRICA EUROPA – FIRENZE
28 FEBBRAIO 2018 TEATRO ROSSI – PISA
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PRESS

“La mia domenica teatrale doveva essere milanese, ma uno sciopero mi ha fatto cambiare piani e mi sono ritrovato al Teatro della Caduta a vedere la nuova creazione di ScenaMadre Compiti a casa.

Dopo la vittoria del Premio Scenario Infanzia edizione 2014 con La stanza dei giochi, ScenaMadre torna con Compiti a casa, un racconto teatrale dedicato all’infanzia che affronta un tema scomodo: il momento che precede la separazione, quello in cui mamma e papà rinunciano a sistemare le cose e si preparano a vivere in case separate. Come reagiscono i bambini?

Da questa domanda scaturisce la narrazione che si sviluppa a partire da un racconto di Gabriel Garcìa Marquez La luce è come l’acqua. Le onde attraverso cui si propaga la luce, rotta la lampadina che la contiene, erompe come acqua da un rubinetto e illumina le cose. Mamma e papà litigano perché hanno smarrito la luce e Marta e Michele, i due fratellini protagonisti, cercano di fargliela trovare inondando la casa.

La luce illumina angoli dimenticati, fa ritrovare cose smarrite da lungo tempo e dimenticate, ma tutto questo non basta, i genitori continuano a litigare, non vedono la luce e la separazione diventa inevitabile. I bambini decidono quindi di tenersi la luce per sé, si promettono di non farla spegnere come è accaduto ai loro genitori, perché intuiscono che diventare adulti è in fondo diventare grigi.

Un finale agrodolce, che già era nella novella di Marquez dove però tutti annegano perché non sono in grado di sopportare troppa luce. ScenaMadre fornisce una risposta diversa, quasi una mossa difensiva e conservativa: se non posso far nulla per gli adulti, posso fare qualcosa per me, tenermi quella luce, tenermela stretta prima che il mondo, come dicevano i Visage, non sfumi in grigio.

Un racconto quello di ScenaMadre che scaturisce da una naturalezza senza affettazione. Una poesia che sgorga da una quotidiana tragedia, laddove una famiglia si spezza e va alla deriva e i bambini come naufraghi trovano una risposta che dia senso a un mondo che non capiscono. Loro, i piccoli, se litigano poi fanno la pace: perché agli adulti non succede? Questo si chiedono senza trovare una risposta e quindi non resta che tenersi quella luce che illumina l’infanzia, tenerla stretta e portarla con sé persin nel tempo che passa.

Presentato in forma di studio, Compiti a casa di ScenaMadre è già ben concepito. Forse qualche problema di ritmica tra una scena e l’altra, ma cose che poi si aggiustano con la ripetizione. Bella l’idea della proiezione di foto in diapositiva, che concede alla narrazione una dimensione familiare e di ricordo, un messaggio agli adulti di ricordare i momenti felici anche nella miseria.

Molto poetica e riuscita la scena della battaglia iniziale, bambini che giocano alla guerra e che vengono interrotti da quella degli adulti che non contiene nessuna finzione. Un finale debordante ma non dico altro per non peccare di spoileraggio!

Un teatro per i piccoli ma solo in apparenza. Il teatro per sua natura parla sempre al mondo senza riguardo alcuno all’età di chi si siede al suo cospetto.”

Enrico Pastore

Altre produzioni

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